IO BAMBINO

bambino

 

L’Eterno Bambino (o Io Bambino) è quella parte dell’IO infantile che si rifiuta di
essere rimpiazzata, completamente, dal nuovo IO sviluppato nel corso della crescita.
Una forma di “tecnica di sopravvivenza” dell’IO stesso, forse; che vede quella che
era stata la nostra personalità, dalla nascita, sino al raggiungimento dell’età
adulta, venir accantonata ed, infine, eliminata, per lasciar posto ad una nuova, più “matura”, maniera d’essere.
In questo contesto, l’E.B. si “ribella”, tentando di aggrapparsi alla nostra
personalità, lasciandovi indelebili macchie, allo scopo di non svanire del tutto
nel corso del tempo. Un po’ come facciamo noi stessi proliferando o cercando
di lasciare “qualcosa ai posteri”, così l’E.B. si impegna a imprimere in noi
una parte di sé, in modo da non essere mai davvero del tutto rimpiazzato.
Per questo motivo, molto facilmente si ritrova l’E.B. anche nella personalità
ormai formata e matura di ogni individuo adulto, sia di sesso maschile, che femminile,
sebbene con le sue differenze all’interno di ogni individuo.
In primis, la differenza più palese si trova all’interno dei sessi: la donna mantiene
parte della bambina che è stata, principalmente i lati più forti, come il rapporto
con i genitori e con se stessa (anche in riflesso alle potenziali “rivali”). L’uomo invece tende a non perdere il gusto per il concetto di gioco e mantiene quasi del tutto invariato il suo rapportarsi nei
confronti delle amicizie.
Ogni individuo, poi, in base alla sua storia, manterrà diverse sfaccettature del suo IO
Bambino. Facilmente chi mantiene viva la propria immaginazione, sin da bambino ha sempre
avuto una fervida fantasia. Scrittori, sceneggiatori, registi, fumettisti ecc. sono
spesso artisti che hanno mantenuto un fortissimo Io Bambino a formare parte, se non
addirittura la base, della propria personalità.
Chi diventa austero, al contrario, ed ha la parvenza di un uomo (o una donna) senza
alcuna porzione di E.B. a far parte del proprio essere, in realtà non fa che nascondere
e, spesso, rinnegare quella parte indelebile di sé. Non è raro trovare gente che,
all’apparenza, pare impeccabile e di assoluta maturità, ma che poi, nel privato,
“sfoga” la propria parte infantile nelle più svariate maniere (e non sempre positive). C’è chi semplicemente si rivela “coccolone”, alcuni invece sfogano l’Io Bambino con la gelosia eccessiva nei confronti del/della partner, (in cui, in parte, rivedono la figura genitoriale di cui erano, da piccoli, molto gelosi). Altri si rivelano violenti, altri ancora frustrati o depressi.
C’è gente che dimostra la propria immaturità, semplicemente nel non effettuare scelte
rilevanti nel corso dell’intera vita. Altra gente che lo fa, invece, basando le proprie scelte su tendenze “di sicura accettazione sociale”. Vi è chi si svende o viene a compromessi anche futili. Il
tutto per cercare la via più comoda, la meno dispendiosa di sofferenza, tempo e fatica.
Questo è un minimo comune denominatore a tutte le personalità, sia maschili che femminili,
che hanno mantenuto un Io Bambino celato, nel disperato tentativo di non mostrarsi
“immaturi” o “infantili”; tuttavia, così facendo, hanno comunque lasciato che l’E.B.
venisse allo scoperto, loro malgrado, nella più subdola delle sue sfaccettature.
Questo accade perché l’E.B. non è affatto perfetto, come non lo sono le personalità
umane in primis, tantomeno durante l’infanzia. Il bambino, per quanto puro e privo
(quasi) totalmente di influenze sociali, almeno durante i suoi primi anni di esistenza,
concepisce già concetti di amore ed odio, di generosità ed egoismo, di accettazione e
di competizione, pertanto li vive, (sebbene dal punto di vista della sua “tabula rasa”)
in pieno e costruendovi sopra una prima grezza personalità.
Le gelosie di un bambino però, spesso ingiustificate (come quella nei confronti di un fratellino
più piccolo, verso il quale i genitori danno maggiori attenzioni, per ovvi motivi) non
restano innocue quando vengono fuori nell’individuo adulto.
Ogni delitto passionale, ogni violenza domestica, ogni gesto estremo nato dalla gelosia,
in realtà è sintomo di immaturità, o meglio, di incapacità dell’individuo nel discernere
il proprio IO Adulto, da quello Bambino.
Gli individui che, invece, lasciano “spazio” al proprio IO Bambino, riescono spesso
(non sempre) a riconoscerne l’influenza e a “dividere”, di conseguenza, in settori la propria personalità; essendo “coscienti” delle parti stesse che la compongono. Questi individui, così facendo, sapranno distinguere le emozioni derivanti dalla loro parte razionale e matura, e quelle
scaturite, diversamente, dal loro Io Bambino, evitando in tal modo di cedere a gesti o pensieri
privi di logica e non coerenti con una personalità adulta e coscienziosa.
Va detto, però, che rinnegare il proprio Io Bambino è deleterio quanto lo è alimentarlo
eccessivamente. In entrambi i casi, infatti, vi è il rischio di venirne “divorati”.
Come spesso accade, la giusta via è quella di mezzo e, in questo caso, equivale a saper
riconoscere, accettare e calibrare il proprio IO Bambino, senza pretendere di esserne
totalmente liberi e senza tentare di sopprimerlo o celarlo eccessivamente.
L’Io Bambino andrebbe “incanalato” in giuste attività, generalmente creative o di tipo
umanistico.
In conclusione, bisogna ricordare che l’Eterno Bambino, presente in OGNUNO di NOI,
può essere una lama a doppio taglio e che saperne “sfruttare” le potenzialità risulta
necessario al fine della creazione di una personalità REALMENTE MATURA. Il
semplice rinnegare la presenza di una parte infantile all’interno di noi è, in realtà,
prova di immaturità (come anche altri famosi concetti, quali il convincersi di essere
superiori ad altri, credere di poter essere perfetti ecc. ecc).
L’Io Bambino può tramutarsi in un assassino o in un clown che porta sorrisi gratuitamente nelle corsie ospedaliere, in un marito padrone o in uno scrittore di romanzi. Tutto dipende dall’USO che ne facciamo e da come decidiamo di gestirlo.
Siate adulti, ma non dimenticate che prima di esserlo, eravate bambini.
Rinnegare tale realtà equivarrebbe a rinnegare se stessi (almeno in parte).
Troviate il coraggio di esprimere il bambino che c’è in voi e la fantasia per “impiegarlo”
al meglio, sia nei rapporti interpersonali, che nelle attività di tutti i giorni.
Si tratta, alla fine dei conti, di essere equilibrati e, cercare un equilibrio in ogni
contesto della nostra esistenza, rende, un po’ alla volta – e nel suo piccolo -, questo mondo,
un mondo più vivibile, un mondo migliore.

Marco Sasso

Marco Sasso nasce a Trani, una splendente cittadina sul mare. Studia nella sua regione, si sposa presto (all’età di ventuno anni) e inizia a girare l’Europa con sua moglie, lavorando e vivendo in diverse parti della Spagna, Germania, Svizzera e in tutta Italia. Parla, infatti, quattro lingue fluentemente. La passione per la scrittura e la narrativa lo ha sempre accompagnato sin dall’infanzia, quando inventava storie per far divertire il fratello minore. A scuola eccelle nei “temi di Italiano”, ma inizia a scrivere per conto suo all’età di sedici anni, con un romanzo a tema medievale d’amore e guerra. Nel corso del tempo legge moltissima narrativa, sia classica che moderna. Il suo font preferito è il “calibri”. Si appassiona alla filosofia e comincia a scrivere romanzi che vanno dal distopico fantascientifico al romanzo d’amore (sempre con elementi fantastici). Pratica arti marziali e diventa un istruttore di “difesa personale”, unendo le sue due più grandi passioni in un binomio che lui chiama “la penna e il pugno”. Oggi vive a Trani, con sua moglie, ha vent’otto anni e si occupa di narrativa e cinema indipendente.

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