Scrivere con ispirazione oppure no?
Con l’ispirazione, che dovrebbe essere una particolare alterazione della mente, noi crediamo di fornire un apporto singolare per dare vita ad un’opera.
L’ispirazione è uno stato di grazia che ci pervade e che ci guida come una forza sconosciuta nello scrivere e nel trasferire in forma condivisibile i nostri pensieri più intimi che riconosciamo come particolarmente importanti per il nostro animo.
Devo riconoscere che di tutti i miei pezzi scritti non ho mai inserito la parola “ispirazione” nel titolo. Anzi l’ispirazione la consideravo solamente nei primi anni in cui scrissi poesie, come quasi tutti hanno fatto. Successivamente la consideravo un termine diffuso per spiegare quello che spingeva a fare qualcosa, quindi una termine abusato che ai miei occhi si era molto svalutato.
Tant’è vero che non l’ho quasi mai nominata e ancora oggi la nomino con una punta di diffidenza poiché non gli attribuisco particolare importanza. Preferisco ricorrere alla pratica dello scrivere abituale e al desiderio di farlo anche senza “ispirazione” seguendo invece con costanza una linea di narrazione razionale e di freddo controllo. In fondo scrivere si tratta di un artificio che conosciamo nella sua tecnica di base e la sua libera pratica (esercizio) ci può bastare per farlo in maniera soddisfacente.
Essere razionali non impedisce di esplorare il sentimento poetico e di addentrarsi anche negli aspetti più immateriali del pensiero artistico. Credo che l’ispirazione non regga alla fatica e alla noia di riempire per bene le pagine, dove occorre invece quello che si definisce “mestiere” che fa affidamento sulla coerenza del pensiero e sulla costanza della scrittura; sulla volontà di procedere seguendo il filo tenue del raccontare come un tracciato che si perde all’orizzonte, come una lunga pista di gara che bisogna percorrere fino in fondo.