Captain Fantastic

Qualche volta anche dal cinema americano arrivano delle perle. È il caso di Captain Fantastic. Piace soprattutto perché è un film che non racconta solo una storia, ma anche un sogno. Il sogno di un mondo che non esiste, ma che il film ci dice: perché no?

 

Si racconta qui di una numerosa famiglia composta da un padre, il Captain, una madre, che pur giocando un ruolo importante non appare mai, si apprenderà poi del suo suicidio, e di ben 6 figli, tutti viventi in una foresta. Qui, sotto la guida del padre, avviene la loro formazione, fatta di studio, attività pratiche, sport, caccia, seguendo regole di vita piuttosto ferree, ma allo stesso tempo condivise e soprattutto in un clima di sensibilità, apertura e dialogo. È chiaramente un’ambientazione ideale, dove appunto i figli apprendono il meglio di ciò che qualsiasi insegnante potrebbe offrirgli, tanto per il loro sviluppo intellettuale, morale, fisico, in una sorta di formazione complessiva e totale. L’ideale d’indipendenza e autosufficienza che la piccola comunità famigliare vive, viene però ad incrinarsi con la tragedia della madre, che innesca, nel bene e nel male, il confronto con la società. Questa agli occhi della piccola comunità “fantastica” risulta essere vuota e falsa, e costruita principalmente sull’onda di cattive abitudini consumistiche. Ciò verrà mostrato a diverse riprese durante il viaggio che la famiglia intraprenderà con la sua corriera-abitazione per andare al funerale della madre. Particolarmente in alcune situazioni che permetteranno di mettere in evidenza, sia i pochi pregi e i molti difetti della società generale, che i molti pregi e i pochi difetti della famiglia fantastica. Ed è però su questi pochi difetti che si gioca l’intero film, e in un certo senso la validità del loro ideale, ma in modo più ampio anche dell’idealità stessa come valore, ossia della sua possibilità d’essere veramente un punto fermo che indirizzi la vita.

 

Durante questo viaggio pertanto ciò che emerge è l’insuperabile preparazione dei figli in tutto ciò che concerne le loro capacità, ma di converso, ciò che gli manca, è il fatto di essere vissuti su un’isola deserta per troppo tempo, ossia la loro quasi totale incapacità d’instaurare relazioni adeguate con i coetanei, e sostanzialmente di rapportarsi con il mondo che li circonda. Ciò che viene a galla è dunque il fatto che l’ideale vissuto nell’idealità ha plasmato la realtà a sua immagine e somiglianza, dimenticandosi che anche la realtà stessa, seppur imperfetta, continua a dettare le sue leggi. E questo essere “scesi” sulla terra, farà vivere alla famiglia fantastica le sue crisi. Tuttavia queste non si trasformeranno in tragedia, anzi, in fondo risulteranno pure esse in un certo senso formative. E lo saranno soprattutto grazie al padre-captain, il quale comprendendo la portata dei problemi, si dimostrerà in grado di prenderci la misura. Egli lo farà riformulando il progetto fantastico della sua famiglia, ossia offrendogli un po’ più di gambe, ma senza comunque smarrire quella bussola che permette di adattare gli ideali al mondo di tutti, ossia senza perdere il cuore. Ed è proprio per tutto ciò che questo film appare fantastic.

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