Cronovita – voce del FORTINELLI dizionario neologistico dell’Italiano nuovo

Immagine di Emilio Morandi
Cronovita (s.f.) def.: regolazione civile della vita, e non solo
Nei nostri anni di civilizzazione forzata è proprio difficile sfuggire alle grinfie di Crono. Sì, sempre lui, il padre mangiatore di figli. Difatti pare che isolati in qualche foresta impenetrabile siano rimasti appena alcuni sporadici gruppi umani a non conoscere ancora l’importanza dell’ufficio anagrafico, dell’orologio da polso, del cellulare, con calendario ed agenda incorporati. Per il resto nulla. Ma si sa, quelli nemmeno sono nati. Certo, difatti nel mondo di Crono bisogna nascere per farsi divorare! Tutto inizia da lì, ma solo dopo un adeguato concepimento, e a scanso di un imprevedibile aborto terapeutico.
Pare certo che dopo debbano trascorrere nove mesi, chi più chi meno, ma alla fine si diviene certi del tutto: si nasce! Se in quel momento si emette pure un vagito, allora si è vivi e vegeti. Bene, finalmente pronti ad aprire il fascicolo; pronti ad immatricolarci ufficialmente. Difatti qualcuno dovrà pur passare a registrarvi all’anagrafe, altrimenti tutto il resto della vostra vita sarà un vero incubo; nemmeno potrete dire d’esistere, in prospettiva che siete vissuti: la storia chi la farà al vostro posto? E poi il conto vero e proprio inizia solo da lì, è lì che si entra nella vera vita, la cronovita. Difatti come in tutte le misure che si rispettino, anche in quel tipo di lunghezza serve uno zero per far tornare i conti. Bisogna sapere quando si potrà accedere all’asilo nido, alla scuola materna, non ci si può andare quando ci pare. Così come nemmeno dopo alle elementari, alle medie, al liceo, all’università. Sì, sappiamo che se non c’è l’obbligo possiamo fermarci prima, in ogni caso sarebbe meglio studiare finché si è a carico dei genitori, altrimenti poi come la mettiamo con tutte le tasse? Inoltre, scuola a parte, se non ci si è immatricolati all’inizio, chi ci fornisce i documenti necessari per dire se abbiamo o meno diritto a vivere sul territorio nazionale, con tutti i nostri diritti e doveri, cari al Signor Mazzini? Serve sapere quanti anni si ha per poter votare, essere eletti, fare la patente della moto, della macchina, nautica, la licenza di caccia, di pesca, acquistare le sigarette, gli alcolici… tutto se non se ne può fare proprio a meno. Cosa vi credete, che basti dire: “sì me la sento, no non me la sento per avere un codice fiscale?” No! Non è proprio così che funziona! E poi si continua di questo passo. Se per esempio si vuol andare a lavorare, ammesso che lo si trovi, bisogna avere una certa età, sia per legge che per usanza. Se ad esempio si vuol fare la commessa o il commesso in un negozio bisogna sapere che passati i trent’anni si è già fuori corso, o posto. E poi si arriva alla pensione, se ci si arriva. Quanti anni, mesi, ore, minuti, secondi hai lavorato? Bisogna fare i conti. Se non rientri in quelli di conti si passa sempre ai tuoi anni, sempre se all’inizio t’eri immatricolato, altrimenti ricordati che non esisti: cosa vuoi allora?
E poi finalmente giunge l’ora, il momento della tua partenza, o ritorno, ipotizzando che finisci nel luogo da cui sei venuto. Un bel funerale con fiori possibilmente freschi, almeno per la cerimonia ci vogliono, e lì credi che finalmente la tua cronovita sia finita. No! Affatto! Devi startene lì ancora un bel po’ nella tua cassa, trent’anni, qualcosa in più o qualcosa in meno, dipende dai regolamenti comunali, ad aspettare che i tuoi parenti ti portino i fiori almeno il giorno dei morti, qualcuno comunque non ha nemmeno questa fortuna, se la si può chiamare così. E poi se non appartenevi ad una famiglia agiata, di quelle che si acquistano la cappella a perpetuità ritenendo che l’eternità si possa acquistare, ti mettono in una cassettina più piccola, chiamata ossario, dove ci rimani per tutto il tempo in cui qualcuno si ricorda ancora di te, e alla fine, concludendo, avrai libero accesso ad una discarica controllata, o chissà, se le tue ossa sono ancora integre, finire in qualche museo archeologico, che è anch’esso una sorta di discarica ma con un altro regolamento.
Qualcuno in quest’ultima fase critica però si ribella e implora: “Per favore, dopo la mia morte bruciatemi e spargete le ceneri al vento.” Come se fosse facile. Certo, se gli va bene lo bruciano, ma le ceneri dove le gettano? Non tutti hanno un Gange vicino a casa. E poi per sicurezza è meglio se il tutto lo si chiude in una piccola urna, che volendo si può anche portare a spasso con discrezione durante i traslochi, e poi non si corre nemmeno il rischio che qualche cane o carabiniere vi trovi da qualche parte in un pezzettino di tibia. Lì sì che sarebbe davvero imbarazzante!
Voce del FORTINLLI dizionario neologistico dell’Italiano nuovo