33 poesie per un’illusione – perché del libro
Perché del libro
Sulle ragioni che invitano a considerare l’esigenza di scrivere un libro, non credo sia facile porre in atto delle esaustive risposte. Se considero l’aspetto stesso da un punto di vista puramente interiore, deduco che l’animo non conosce moventi materiali e nemmeno veniali che possano indurlo a tale scopo. Ritengo invece motivo madre, l’atto di spingere verso la pubblica condivisione di contenuti in un testo, l’esigenza (terribilmente umana!) che uno comunichi agli altri individui quanto percepito nel proprio vissuto, con la speranza che questi comprendano cosa si intenda loro trasmettere.
La nostra natura esistenziale non può che soccombere alla necessaria e vitale linfa emblematica rappresentata dalla comunicazione, ossia dal dialogo: forma espressiva che, accompagnata da una chiave di lettura semantica, tende a soddisfare il bisogno estremo d’essere contestualmente in qualche modo percepiti per quanto si riesce a comunicare di se stessi e non necessariamente anche ad essere apprezzati.
Così come per altri accade, anch’io ho indomito sentore di questa esigenza nel raccontare una parte di me stesso: i miei desideri nascosti, i miei timori interiori, i miei pensieri più incompresi. Accenti di virtuosa coscienza che, mediante poesia, vengono magicamente trasmessi alla lettura delle genti, affinché si possa determinare un solo ragionamento ultimo: “La necessità di trasmettere per continuare a vivere”.
Del resto, poesia è sublime esternalizzazione del lavoro interiore dell’anima e in quanto tale va degnamente considerata; ma costituisce anche valvola di sfogo intellettuale, ovvero movenza descrittiva in cui è possibile liberamente esprimere (sovente anche giudicare!) la collettività e gli insiemi delle cose anche astratte, dando voce al proprio pensiero forgiandolo.
La sensazione personale diviene così quella d’essere trasportato immediatamente ed efficacemente alla ribalta d’un’aberrante vetrina letteraria ormai intrisa di fatti sconcertanti, disconosciute e ritrovate follie, torbidi e quasi surreali episodi sensazionali ma, in fondo, penetrata d’una incresciosa crisi esistenziale dell’umana realtà che i nostri notiziari ci raccontano quotidianamente. Ma sono proprio quegli accadimenti che identificano la nostra esistenza più compiuta e ci offrono l’evidente connotazione di quanto accade intorno a noi.
Non oso, infine, nascondere l’interiore effetto spiritualmente benefico (anche legato al profondo rispetto, in senso lato, che ho sempre nutrito per i testi scritti) derivante dal profuso elogio da parte di tutti coloro che ritengono, il gesto compiuto di pubblicazione d’un libro, fervida e brillante avventura oltreché ancora nobile, seppur ormai diffusa, prerogativa!
Francesco Lavore (Cicciu u ciaccës’)
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