Scusa hai una moneta?
Chi passeggiando o percorrendo più o meno in fretta le vie di una città non ha mai sentito porsi questa domanda? E tale richiesta, formulata anche in modi diversi, ognuno la personalizza in base al proprio essere e ai propri bisogni; domanda che accomuna sia chi sembra essere nativo dell’Italia e chi invece ha solcato mari od oceani per poi approdare in questi luoghi altri, diversi appunto da quelli nativi.
Vi è dunque una commistione e una diversità che, a volte, spiazza completamente chi riceve tale richiesta, in quanto i “richiedenti” possono essere giovani, di mezza età, anziani e di varie nazionalità. Quindi questo mondo così variegato sia in termini d’età che di luoghi originari, vicini e distanti che siano, non può non interpellarci e neppure lasciarci indifferenti.
Come già in precedenza ho accennato ogni persona incontrata, chi con un incontro fugace, chi più persistente, possiede una propria modalità di approccio, una strategia che continua a perpetuare nel tempo, che fa sua, forse per poter essere da chi accosta riconosciuto, non più come una persona estranea, ma come un conoscente con un viso ed un atteggiamento tale da predisporre maggiormente al fermarsi, e magari in un secondo momento al suo ascolto. Alcune barriere sembrano così perdere consistenza e cadono frantumandosi, chiaramente non sempre ciò avviene…
Strategie che comunque anche il “ricevente” mette in atto: chi magari con maggior consapevolezza rispetto ad altri, in cui prevale apparentemente, almeno è ciò che si palesa, una totale indifferenza, reale o mascherata che sia, ma questa è un’altra questione.
Certamente anch’io incontrando quasi quotidianamente queste persone, e spesso anche più volte nella medesima giornata, reagisco e agisco in maniera differente, lasciandomi influenzare inconsapevolmente dal mio stato d’animo del momento o da precedenti situazioni in cui mi sono sentita in un certo qual modo “trattata male”. E così, purtroppo, rischio di trasferire questo mio malessere intimo e personale su chi, in quel preciso momento, mi chiede un po’ di attenzione per potermi comunicare che anche lui esiste. Invece accade che imperterrita rimango nel mio mondo autistico, colmo di chiusure immotivate, ma che forse riescono ad alleggerire e a creare fasulle giustificazioni al mio atteggiamento, la coscienza pare così tacere, annientarsi.
Ma dopotutto l’altro cosa chiede? Non è poi chissà cosa, non è poi la fine del mio mondo, questa sua esplicita domanda, oppure sì? Qualcuno vuole “venderti” delle rose, altri degli accendini, altri boh, forse un sorriso? Uno sguardo? Qualcuno vuole una monetina, altri… altro, ed ognuno ha il proprio motivo ben preciso.
Allora mi sono posta nuovamente una questione, la questione appare semplice nella sua formulazione, la difficoltà sta nelle sue possibili – sempre che si riesca a scovarle – risposte: Cosa spinge la persona a fermarsi ad ascoltare l’altro oppure a tirar dritto?
Mi pare che si tratti qui di qualcosa che ha a che fare con l’esistenza umana, con una pulsione vitale, primordiale oserei dire, con quel marasma che ci accomuna e che allo stesso tempo ci fa sentire diversi dagli altri, ovvero di persone che vogliono farsi carico degli altri ma che allo stesso tempo non vogliono essere da questi invase. Ciò anima sentimenti opposti ma allo stesso tempo complementari, che fanno ben sperare al fatto che in tutto ciò possa prevalere il desiderio di contrastare un mondo in cui l’indifferenza regni indisturbata e incontrastata, ma anche di voler agire e occuparsi di far crescere la propria conoscenza, al fine di ritrovarsi e poter sentirsi sempre più consapevoli di se stessi e di chi ci vive accanto, cercando continuamente di aggiustare la propria rotta in questo vivere quotidiano l’esistenza.
Non so trovare o scovare soluzioni possibili e perfette, o modalità pertinenti perché vi siano sempre meno separazioni e chiusure ineluttabili fra me e l’altro, è qualcosa di ancora poco definito e nebuloso, ma ha a che fare con questo urlo silenzioso di chi accanto a me passa, lasciando la sua diversa essenza come traccia che mi interpella e che mi accomuna in questo grande peregrinare della vita, alla ricerca dei propri motivi d’esistere, senza distinzione d’ogni sorta.
E chi non ci dice che magari siano proprio queste piccole modalità, quelle che ogni giorno sono sotto i nostri occhi, a volte forse un po’ troppo invadenti, a permetterci (“noi” e “loro”) di andare oltre le apparenze, come ciò che sembrerebbe la verità di qualcosa, di andare oltre il pregiudizio, il giudizio che vuol prevaricare, la morale giustificatrice, la chiusura, la solitudine, l’indifferenza. Che a tutto ciò non si possa rivendicare una sola e semplice soluzione, è ciò che c’interpella più profondamente.