Aperolia, ossia: eccitazione d’aperitivo
Il diffondersi del rito dell’aperitivo è cosa nota. Generalmente officiato con l’ausilio di un grosso calice vitreo per mettere ben in mostra il suo passionale contenuto dalle tinte generalmente accese, si celebra principalmente in gruppo presso un banco un tavolino oppure direttamente sulla strada antistante all’affollatissimo e conosciutissimo bar cittadino. Ambientazione sonora privilegiata è il caos polifonico, fatto da un intrecciarsi di dire più o meno appannati, che rendono semplicemente incomprensibile l’identificazione di un qualsiasi breve cenno di contenuto. Dalla coppa rotondeggiante, esibita con noncurance, può poi allungarsi una bella fetta d’arancio, mentre sui tavoli d’appoggio si possono solitamente scorgere tutta una serie di stuzzichini: pizze e pizzette, salati e salatini, sottaceti e sottolio: nemmeno si può porre limiti alla fantasia!
È in questo modo che alcuni barman si sono fatti ristoratori, in fondo si tratta sempre di riempire lo stomaco, anche se solo preventivamente. Il pasto vero, quello, forse seguirà, anche se la tendenza attuale mostra che esso sia proprio l’aperitivo. Inoltre come esistono schermi giganti alcuni creativi hanno coniato d’organizzare anche degli aperitivi dallo stesso tenore, riempiendo così alcune piazze di forsennati più o meno da sempre già propensi ai ritrovi massivi, e causando così i classici problemi da megaconcerto.
In ogni caso l’aperitivo è oggi un simbolo dei nostri tempi. Tempi nei quali si predilige all’impegno il disimpegno, al dire l’ammiccare, all’appagarsi lo stuzzicarsi. L’aperitivo è sinonimo di un desiderio che può divenire promessa, ma poi serve un vero pasto, altrimenti anche questo stato d’eccitazione prima o poi finirà per divenire una pillola amara, quella per cercare di digerire i tanti desideri non realizzati.
Voce tratta dal Fortinelli – Dizionario dell’italiano nuovo