Bambini nel recinto
Sono perplessa. Cerco di capire, ma proprio non ci riesco.
Sono nata tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. Sarà per questo.
Il mio eroe verso i sette anni era Huckleberry Finn. Il mio sogno vedere il Mississippi. Sarà per questo.
Ogni volta, ogni santissima volta, che andavamo a fare qualche gita fuori porta mia sorella si perdeva. Nessuno ne ha mai fatto un dramma. La trovavamo sempre. Sarà per questo.
Adesso non sto a raccontarvi di come stavamo bene noi bambini che pare siam tutti cresciuti sporchi e selvaggi a cercare girini e a cacciare insetti. Non lo so se stavamo meglio. Noi bambini di certo non stavamo da nessuna parte: finita la scuola eravamo in giro.
I dialoghi con i miei genitori quando tornavo a casa erano così:
“Ti avevo detto di tornare per cena!”
“Ah, scusa mamma”.
“Dov’ eri?”
“Boh”.
“Come boh??”
“Ero con Claudia”.
“Dove?”
“In giro”.
“Come in giro?”
“In giro”.
E partiva la sfuriata, nelle sere estive capitava quasi ogni giorno. E tutto ricominciava il giorno dopo.
Non è che non volessi dire dov’ero, è che proprio non lo sapevo, avevamo un piccolo paese e spazi enormi. Sarà per questo.
Sarà pure per la canzoncina delle scarpe chicco, quella che diceva “devi farne di strada bimbo, se vuoi scoprire com’è fatto il mondo”. C’era l’immagine di un bambino, che, furtivamente, usciva di casa da solo. Nessuno ha mai sporto denuncia.
Il mondo degli anni Ottanta non era meglio di questo. Succedevano tantissime cose orribili, c’erano le bombe, gli attacchi terroristici, la minaccia di Gheddafi, la guerra fredda. Nei paesini di allora, che adesso vengono rievocati tanto belli e sicuri, c’erano i drogati, gli ubriaconi, i matti del villaggio, quelli che ti mostravano il pene. C’era gente che litigava per strada, genitori che picchiavano brutalmente i figli, bulli che ti rubavano la merenda.
Ma non ci sentivamo in pericolo perenne. E le caramelle dagli sconosciuti le prendevamo sghignazzando. Poi però non le mangiavamo.
Sarà per questo.
Sarà pure che non credo che i bambini abbiano nemici naturali dai quali devono essere difesi e messi in guardia. Insomma non siamo la mamma gazzella che ogni giorno in Africa si sveglia e deve insegnare ai suoi cuccioli a correre più veloce del leone altrimenti verranno ammazzati, e non siamo il leone che ai leoncini deve insegnare a correre più veloce della gazzella altrimenti moriranno di fame.
Una volta per tutte: non siamo il cattivo leone o la povera gazzella. Non siamo nella Savana e la carne la compriamo al supermercato. Questo vale per tutte le gazzelle e i leoni citati negli ultimi vent’anni. A me hanno rotto.
Qual è il mio problema? Giusto, ho un problema da esporre.
Nello specifico di ora il problema sono le scarpe TIKIMO LIVESENSE.
Che solo la parola Livesense abbinata a delle scarpe mi genera ansia.
Per chi non ne sapesse nulla, ecco la descrizione dal sito:
TIKIMO LIVESENSE
Le uniche scarpe che sanno dove sono i tuoi bambini.
I numeri vanno dal 24 al 34, i prezzi intorno ai 44 euro senza il gps, da acquistare separatamente al prezzo di 24 €.
Tikimo LIVESENSE è uno speciale trasmettitore gsm miniaturizzato, dotato di gps che una volta inserito nelle scarpe TIKIMO, invia solo a te (su qualsiasi dispositivo mobile) la posizione del bambino che indossa le scarpe e tanti altri dati.
È dotato di sim card dati integrata
Lo abbini ad un/a bambino/a
Lo attivi una volta sola
Lo puoi usare e spostare su ogni scarpina TIKIMO
Se le scarpe vengono tolte il sistema invia ai genitori un alert con l’ultima posizione rilevata. È possibile, grazie all’instant ring, una sorta di recinto virtuale, ricevere un avviso se il bambino esce da una certa area (ad esempio un parco, o il proprio giardino).
Tra i servizi compresi c’è lo storico degli spostamenti, la distanza percorsa, le calorie bruciate.
È orribile, vi prego, ditelo anche voi! Il recinto? Le calore bruciate??? Ma non c’erano state migliaia di polemiche sull’uso del braccialetto elettronico? E qui non dite nulla? Bambini in libertà vigilata e possibilmente non grassi. E se vi arriva l’allerta mentre siete in riunione, vi state facendo la ceretta o siete un chirurgo e state sostituendo un by-pass? Che fate, chiamate la polizia? E se era un sassolino nelle scarpa ahi? O se vostro figlio voleva starsene senza scarpe?
Davvero crederete ogni volta che un sociopatico lo abbia rapito?
Per dovere di cronaca proseguo:
Sistema Tikimo per funzionare necessita del pagamento di un Traffico Dati chiamato “sottoscrizione del servizio dati”.
Esso consente con una Sim Vodafone di comunicare con i dispositivi mobili del cliente registrato, in tutta Europa ad un costo fisso garantito (roaming incluso).
Oh cavoli, mi son dimenticata di ricaricare le scarpe. L’abbonamento, con tot mesi gratuiti costa 89,00 euro all’anno.
Niente, già le odio. E vorrei che le odiassero tutti. Non so quanti genitori stiano comprando queste scarpe ai loro figli, ma visto che le pubblicizzano sulle reti televisive più note, direi che qualcuno c’è. Ho fatto una ricerca in rete cercando i punti vendita, ho sperato che non ce ne fossero, ma mi sbagliavo. Ce ne sono, e parecchi.
Perché lo fate?
Dov’è il diritto alla privacy? Il diritto del bambino di sperimentare? Il dovere del genitore di provare quella sottile ansia che è sempre lì a ricordargli di essere custode, e non carceriere, di una persona importante?
Io il figlio ce l’ho, adesso ha 12 anni ed è fuori Target per le TIKIMO. Quando gliele ho mostrate ha fatto la sua tipica espressione di disgusto pre-adolescenziale.
Lui va a scuola da solo da quando faceva la seconda elementare, prende la metropolitana e pure gli autobus da almeno tre anni. Da solo, sì. E confesso che lo lascio da solo anche di sera a volte. Quando era più piccolo confidavo nei vicini di casa, ora mi fido di lui e basta. Mi pare stia benissimo.
Ah il figlio è un ragazzino normale: non ama particolarmente la scuola, passa ore con i videogiochi, usa internet come io vestivo la Barbie e ogni tanto va in giro con i suoi amici. Il cellulare ce l’ha da quando aveva dieci anni, ma lo dimentica sempre a casa.
Non è che quando è fuori io sono tranquilla, non è così. Controllo l’ora continuamente e quando torna sono contenta. Fa parte del gioco. Di quel grande gioco che è crescere, anche da madri.
E penso alle madri che comprano queste scarpe. Le vedo dai 30 ai 40 anni….ma che vi hanno fatto ragazze?
Dove siete finite? Eravamo tutte a ballare nei locali, a gridare ai concerti, a fumare di nascosto, a salire in due sui motorini. “We don’t need no education, we don’t need no thought control” sono sicura che l’avete cantata pure voi.
Fa davvero così orrore il mondo in cui vivete? E davvero pensate che sapere dove si trova vostro figlio vi eviterà ogni tragedia? E insegnerà qualcosa a lui?
La mamma sa dove sei, tranquillo. Non hai bisogno di nessuno, non puoi perderti, non puoi essere in difficoltà, non puoi chiedere aiuto a nessuno. Ci sono io. Basto. E stasera a cena risparmiamo pure tempo che non ti devo chiedere dove sei stato.
Vostro figlio si sentirà più al sicuro da un mondo che voi gli avete messo addosso per far sì che abbia bisogno di voi. Pericolo, pericolo ovunque, ma ci siete voi a proteggerlo con un bel segnale dal gps. Ma non sarà sempre così. E non è il fatto che a dieci anni le scarpette Gps non gli andranno più bene e allora saranno cazzi vostri. È che non vanno bene neppure ora.
Il mondo che vostro figlio impara da piccolo è quello che gli mostrate voi. Impara quello che voi gli fate vivere. Se mostrate disgusto o paura di fronte all’ubriacone per strada, lui mostrerà paura e disgusto. Se del bambino arrivato ieri dal Ghana direte che non capisce niente o che puzza lui imparerà quello. Se parlerete di terrorismo e inciviltà guardando la ragazzina con lo chador lui avrà già dei nemici. Se lo controllerete continuamente lui non avrà mia fiducia in se stesso.
E con le immagini che gli darete costruirà il mondo delle sue povere, piccole, meschine esperienze gestite tramite segnale da mamma e papà.
No, non va bene, e se ci pensate solo un attimo lo sapete. Non abbiamo vissuto la nostra infanzia in tempi migliori di questi. Non ci sono tempi migliori. Ci sono le persone. E no, non erano meglio allora.
Siete voi che scegliete cosa vedere del mondo, come pensare. Come insegnare a pensare.
Non insegnate ai bambini che hanno bisogno di essere controllati per non avere paura. Insegnategli che possono uscire dal recinto del parco giochi stando attenti alle automobili, è più sensato. Non disegnategli il mondo in cui devono stare. Non c’è futuro in questo, ma solo una protezione ossessiva di un presente che non è poi così insostituibile e che comunque non durerà per la sua stessa natura di essere presente.
Non insegnategli l’improbabile, insegnategli a fidarsi degli altri, magari a scansare l’ubriacone molesto, ma non costruite giudizi, lasciate che abbia fiducia, perché il futuro lo costruirà lui insieme agli altri, probabilmente anche con i figli dell’ubriacone, con il bambino venuto dal Ghana e la bambina con lo chador.
Lo faranno insieme e lo faranno bene. Fidatevi dei vostri figli.
E buttate quelle scarpe.
Meraviglioso!!!!concordo pienamente!!!
Buttate queste scarpe….
Brava, sono proprio d’accordo…essere custodi e non carcerieri…ed insegnarli di stare attenti ai pericoli se mai dovessero uscire dal “recinto”. anche se lascio libero arbitrio per chi le volesse comprare magari non si sente un genitore completo senza gps!!!!