Non sono persona da polemiche
Non sono persona da polemiche, non mi piacciono e non amo intervenire essenzialmente perché il distruggere senza proposte per ricostruire o reinventare mi lascia una sensazione di tristezza anche per la mia stessa incapacità di trovare soluzioni. Queste sono solo brevi considerazioni.
Lavoro in un centro commerciale. Uno di quei mostri che sembrano essere apparsi dal nulla aperti ogni giorno, festivi compresi dalle 9.00 alle 22.00.
Amo il prodotto che vendo e le persone con cui e per cui lavoro. Non mi piace il centro commerciale. Più che altro per la mancanza di finestre.
Sono certamente luoghi privi di identità, i non luoghi per eccellenza. Dei posti dove puoi essere un po’ quello che ti pare ed entrare in un negozio di lusso, provarti abiti che mai acquisterai e poi comprare solo un pacchetto di patatine. Portarci tutta la famiglia, la nonna anziana, il cane e tutti i bambini, anche quelli dei vicini che preferiscono passare la Domenica a dormire. Fresco in estate, caldo in Inverno.
Triste. Boh.
Era molto triste quando portavo il figlio piccolo in una ludoteca dell’Arci ragazzi la Domenica pomeriggio ed eravamo sempre e solo due mamme e due bambini, non è durata molto la ludoteca. E poi quando cercavo cose da fare e non c’era mai il numero di persone sufficienti per dar via al tal laboratorio. La Domenica per me è sempre stata un giorno di immenso tedio.
Nei centri commerciali c’è usualmente una piazza, cuore del centro come forse lo erano mille anni fa le piazze delle nostre città. Solo senza un cielo da guardare. Nella piazza si alternano spettacolini, youtuber, personaggi dei cartoon, cantanti dimenticati che non cantano, ma fanno autografi, torte gratis per tutti. Diventa inevitabilmente triste. Ci trovi persone in coda, persone adulte, per una fetta di torta.
Non so se lo sapete, ma quasi tutte le commesse dei centri commerciali detestano i centri commerciali e la folla di persone che vi si riversa, soprattutto di Domenica. Preferirebbero lavorare in un negozio in città, solo che le nostre città sono deserte e dove non lo sono è perché i grandi, grossi, famosi marchi hanno aperto un loro negozio gigantesco dove ci puoi passare qualche ora.
La gente va nel centro commerciale per il clima? Per il parcheggio? Per la varietà di scelta? Per i numerosi locali del food che alla fine sono gli unici che davvero lavorano?
Se continuano ad aprire un motivo c’è. Dove uno chiude, un altro apre, dove uno tentenna l’altro si ampia. E le persone vanno a vedere il nuovo Orio come una volta si andava a vedere la sfilata degli alpini.
Partono la Domenica mattina, tutti ben vestiti e quando i negozi devono ancora aprire loro sono già lì. Ma non è consumismo, non comprano, o comprano molto poco. In ogni centro commerciale c’è un sistema che conta la gente che entra. E ogni negozio la sera registra i corrispettivi. Un baratro. Capita che siano entrate 3000 persone e tu hai un incasso di 200 euro perché sono venuti a trovarti degli amici.
Questo essenzialmente la Domenica, o anche il Sabato sera. Il Sabato arrivano gruppi di ragazzini, si trovano lì. Li accompagna il genitore di qualcuno e il genitore di un altro li viene a riprendere. Il centro commerciale è il loro luogo. Diventa il loro centro di aggregazione. Mentre i genitori postano su Facebook loro vanno in sala giochi e si fanno selfie per Instagram.
Qualcuno dice che i centri commerciali hanno snaturato le città, reso tetre le periferie, ucciso la socializzazione. Sono per la responsabilità individuale e collettiva delle persone non per quella di un edificio. Come ogni volta che la critica coinvolge anni di opere aberranti io mi chiedo dove mi trovassi in quei momenti. Ero, eravamo tutti distratti?
Arriviamo al famigerato lavoro nei festivi. C’è molta gente che lavora nei festivi e non sto parlando solo di persone, tipo i medici, che di certo hanno possibilità di stipendio e carriera molto più elevati di quelli di una commessa. Parlo di addetti alle pulizie strade, hostess, camerieri, baristi, operatori di call center, casellanti, agricoltori, ausiliari negli ospedali, infermieri e tanti altri.
Perché i centri commerciali con le loro aperture fanno tanto discutere? Io credo sia perché rappresentano così tanto quello che siamo diventati da essere lo specchio preciso della nostra evoluzione sociale. Che anche vista di sfuggita non è bella da vedere. Un luogo non nasce se nessuno ci va. O almeno dura molto poco. Una grossa società non investe se sa di perdere. Ancora e sempre sono le persone che fanno le cose, è la domanda che crea offerta, a volte domande esili che l’offerta porta a rendere più grandi e pressanti. Perché vogliamo le luci sempre accese, cose a portata di mano, la possibilità di essere senza birra alle 4 del mattino e di andare a comprarla, l’illusione di essere insieme agli altri potendo evitarli. Non vogliamo sentirci da soli e non abbiamo neppure voglia di comunicare.
Ci sono poi Marta, Maria, Giovanna, Adele, Carlo, Antonio e tanti altri che hanno uno stipendio grazie al lavoro nei festivi. In un mondo lavorativo tetro o lavori nei festivi o provi con i reality show. Sempre meglio di un call center. Non penso che ne siano felici, ringraziare nelle avversità non è cosa che viene facile. Però ci pagano l’affitto, una rata dell’auto, le scarpe per i figli.
Cosa farebbero queste persone se una società che di colpo si sente indignata boicotta i centri commerciali la Domenica? Con i loro contratto part-time tempo determinato se va bene, a chiamata se va peggio si troverebbero senza un lavoro. Per chi non lo sapesse il lavoro non è da anni un diritto, è diventato una specie di ricatto. O così o ciao. Pensiamo un po’ anche a loro prima di farci paladini di una nuova società.
Credo bisognerebbe costruire delle alternative, ma non a tutti piace andare a vernissage o a spettacoli teatrali, a pochi in effetti. E gli altri? Dove li mettiamo, ma soprattutto dove vorrebbero stare?
Prima di parlare di distruggere dovremmo pensare a cosa costruire dopo. Qualcosa che ci faccia essere tutti un po’ più individui e meno numeri sul conta entrate. Individui che magari partecipano. Nella lettura delle statistiche c’è molta più gente che va nei centri commerciali di gente che va a scoprire nuove città. Non credo si tratti solo di persone stupide e con un livello culturale basso.
Comunque al momento i centri di aggregazione culturale sono rimasti quelli per bambini ed anziani, dal Lunedì al Venerdì. Massimo fino alle 18. Poi ci sono i centri commerciali.