Touring poetry – La poesia al servizio del viaggiatore

PREFAZIONE di Attilio Fortini

Può un libro di poesia possedere una qualche utilità a scopi turistici?

Questa raccolta di poesie ispirate principalmente ad alcuni luoghi d’Italia, vorrebbe rispondere di sì. Ma ciò che è importante comprendere, è in che modo essa possa riuscire a far ciò, ossia come può fare a rispondere sì.

Il turismo, come oggi lo concepiamo, trae le origini da una bizzarra moda inglese storicamente chiamata con il nome di Grand tour. Difatti a partire dal Seicento alcuni giovani facoltosi inglesi, conclusi i corsi di studi intraprendevano un viaggio per consolidare la loro formazione che durava alcuni mesi o persino anni, e che aveva come meta finale solitamente l’Italia. Mano a mano ciò diventò un’usanza anche per altre popolazioni del nord Europa, basti pensare al tedesco J. W. von Goethe, che effettuerà il suo Grand tour nella seconda metà del Settecento. Oggigiorno il turismo, che trae origini appunto da quel famoso Tour, è divenuto un fenomeno di massa che rispetta esigenze non obbligatoriamente legate alla formazione culturale delle persone. Quando in effetti si ricerca con una vacanza solo di potersi concedere un po’ di riposo e svago, allora effettivamente una guida turistica non è che possa avere una grande utilità, di certo men che meno una “guida poetica”, se così si può dire.

Noi dobbiamo dunque partire dal presupposto che l’ipotetico turista utilizzatore della nostra “guida”, ricerchi qualcosa che in un qualche modo si riagganci a quello del Grand tour, ossia la conoscenza. In effetti è proprio quando si vuol conoscere ciò che si vede che ci può venire in aiuto una guida turistica, che ci spieghi come le cose che vediamo sono state fatte, perché si trovino in quel posto, la loro storia, il loro divenire nel tempo, gli impieghi che ne sono stati fatti, e altro ancora. Infatti, proprio quell’apporto d’informazioni che non sono presenti in ciò che vediamo, ci sembra arricchire la nostra esperienza, ci offre un supplemento indispensabile a crearci un’idea adeguata di ciò che abbiamo di fronte. La semplice oggettività non è dunque sufficiente alla conoscenza; certo, il contatto fisico ci permette di sedimentare nella nostra esperienza cose che altrimenti sarebbero solo vaghe immagini, ma poi le ragioni di ciò che vediamo, le dobbiamo ricercare da tutt’altra parte. L’esperienza percettiva in fondo non basta, ciò che ricerchiamo nelle cose è la loro verità, e questa paradossalmente non è solo una proprietà delle cose slegate dall’essere anche “cose per noi”. Ed è a questo punto che entra in campo la poesia, e allo stesso tempo la specificità di questo libro, il cui intento è quello di offrirsi come un supplemento all’oggettività del mondo, non tanto per ciò che concerne le sue ragioni, più o meno corrette, più o meno confacenti ai fatti, ma in merito a ciò che le cose sono per noi, ossia come agiscono sulla nostra immaginazione, come si legano alla nostra vita, una vita che è certamente nostra, ma che assomiglia molto a quella di tutti gli altri.

La poesia che ricerca questo tipo di universalità, non ricerca la correttezza delle sue formulazioni, non indaga la storia da un punto di vista dei fatti, ma bensì di ciò che sa produrre in noi. Vedere il mondo con gli occhi della poesia, può apparire un po’ come scrutarlo dalla fenditura di una serratura, vederlo da un punto di vista inabituale, anzi, forse persino sospetto. Pertanto il lasciarsi andare alla poesia, è un po’ come uno svestirsi dagli abiti dell’ordinarietà, in quella dove si trascorre gran parte della nostra vita. Quella in cui le cose devono essere coerenti, logiche, verificabili… Quella che adottiamo come barriera inattaccabile e che vorremmo ci protegga da tutte le confusioni, anomalie, imprevisti. Quella in cui la vita deve avere una sua chiara organizzazione, in cui il bianco si oppone al nero e i grigi si possano ben ordinare in tante sfumature degradanti. Il mondo così ordinato è il mondo che ci rassicura, ma siamo poi proprio così certi che sia anche quello che davvero ci corrisponda?

La poesia con la sua soggettività, non osserva il mondo in questo modo, bensì attraverso la sensibilità degli uomini, il loro mondo interiore, le loro esperienze, i modi di soffrire, gioire. E questo “metodo assurdo” della soggettività di presentarci le cose, se ascoltato senza timori e con partecipazione, può apportarci qualcosa che le cose nel loro essere cose di per se stesse non hanno, ma bensì che nemmeno hanno nel vederle solo tramite le loro ragioni. Questa è la verità che mostra le cose in ciò che esse sono per noi e con noi. Una verità forse meno forte, meno risolutiva, meno rassicurante, ma certamente più autentica, e nella quale possiamo riconoscerci senza grandi difficoltà, proprio perché qui le maschere si sono infrante. Trovando un mondo in grado di farci sorridere, la poesia può scoprire così il luogo in cui siamo.

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